E così siamo arrivati alla fine di questo 2023 carico, anzi, stracarico di buona musica. Ho deciso di accorpare gli ultimi due mesi dell’anno in un post solo vista la scarsa quantità di dischi usciti, ma fidatevi, che c’è della roba buona.
Autarkh — Emergent
Genere: Experimental Black Metal
Secondo disco per gli olandesi Autarkh, due anni dopo il buonissimo Form in Motion. Questa volta i nostri, nati dalle ceneri dei fantastici Dodecahedron,
dopo la bordata estrema del primo disco, vogliono dare più risalto alla
parte elettronica e “contemporanea” del loro sound, con un disco che
somiglia tanto alle sonorità industrial/elettroniche dei Fear Factory. Emergent per me soffre di due cose: gli acuti di di Michel Nienhuis
che trovo fastidiosissimi (molto meglio il suo scream e la voce in
clean basso) e in generale il confronto con il predecessore che mi
sembrava più ispirato. Non un brutto disco, ma possono fare decisamente
di meglio: lo consiglio comunque a chi è orfano dei Fear Factory e cerca sonorità “futuristiche”.
Potete acquistarlo dal loro Bandcamp
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Cirkeln — The Primitive Covenant
Genere: Black Metal
Copertina a cura di Ted Nasmith |
Terzo disco della one man band svedese Cirkeln, progetto del solo Våndarr che torna alla carica dopo il folgorante A Song to Sorrow dello scorso anno, un gran lavoro di Black Metal melodico, fortemente anti-fascista. In questo The Primitive Covenant
la parola d’ordine è proprio “primitive”, siamo sempre in territori
Black Metal, ma parecchio sporcati da un’anima punk rozza e
battagliera…un po’ come quella che si sente in dischi del periodo punk
dei Darkthrone, Circle The Wagons su tutti. Un bel disco che dimostra come Cirkeln sia uno dei progetti più interessanti usciti nel calderone RABM degli ultimi anni.
Potete acquistarlo dal suo Bandcamp
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Fiori Del Male — Con un Grido Entrerò nell’Ombra (🐐)
Genere: Experimental Black Metal
Copertina a cura di Hans Hartung |
Poco e nulla si sa dei Fiori del Male, progetto tutto italiano (direttamente da Brindisi) del duo composto da Tristu alle batterie e da Nero che si occupa di strumenti e voce. Debuttano all’improvviso con questo Con un grido entrerò nell’ombra,
entrando nel nutrito insieme del Black Metal sperimentale e atonale,
con testi liberamente adattati da L’Arcangelico di Bataille. Tutto
davvero interessante, mi hanno ricordato sotto certi versi i Krallice e in generale quel tipo di Black Metal decisamente incatalogabile. Da tenere d’occhio!
Green Lung — This Heathen Land
Genere: Stoner/Doom Metal/Rock
Terzo disco per i britannici Green Lung, tornati dopo l’ottimo Black Harvest uscito due anni fa. Questo This Heathen Land
esce per la tanto discussa Nuclear Blast…che per fortuna non
“plastifica” troppo come è solita fare, anzi, la produzione è ottima, ma
per un disco Stoner/Doom preferisco qualcosa di più sporco e grezzo.
Magari sono gusti miei, non lo so, ma in ogni caso This Heathen Land
è un buonissimo disco e un passo in avanti nell’evoluzione del combo
inglese…solo che, per quanto ci siano ottime canzoni, tipo Mountain Throne su tutti, però preferisco che l’occulto “puzzi” davvero di occulto. Non so se mi spiego.
Ildskær — Blod & Jern
Genere: Black Metal
Dopo il primo (e bellissimo) Den Rædomsde Nat e l’EP dell’anno successivo, tornano i danesi Ildskær con Blod & Jern
(che in danese vuol dire “sangue e ferro”) e il loro Black Metal a tema
storico. A questo giro i nostri narrano della seconda guerra dello
Schleswig tra l’allora Prussia e la Danimarca del re Cristiano IX. Adoro
quando il Black Metal narra del folklore delle terre di provenienza del
progetto, o in questo caso della storia, e Blod & Jern
non fa eccezione. Non raggiunge i livelli della prima fatica dei nostri
amici danesi, complice anche una produzione che ho trovato un po’
troppo impastata per i miei gusti, ma come diceva qualcuno “il secondo
album è sempre quello più difficile nella carriera di un’artista”. In
ogni caso è un disco che consiglio agli amanti del Black Metal con i
mid-tempo.
Kvelgeyst — Blut, Milch und Thränen
Genere: Black Metal
A quattro anni dal debut Alkahest (gran disco), tornano i Kvelgeyst, gruppo che fa parte del collettivo svizzero dell’Helvetic Underground Committee (quelli degli Ungfell, per intenderci) e dediti ad un Black Metal “rurale” e abbastanza fuori dagli schemi. Questo Blut, Milch und Thränen (trad.
Sangue, Latte e Lacrime) parla delle disavventure di un’alchimista che,
dopo alcune visioni, cerca di ottenere l’unio mystica grazie ad un
aiutante, ma mano a mano le cose vanno male e gli si ritorcono contro.
Di questo disco ho apprezzato molto l’uso del sassofono e certe
soluzioni musicali che mi hanno ricordato i belgi Lugubrum,
a proposito di band Black Metal decisamente pazze, ma per il resto ho
trovato molto più ispirato il precedente: non un brutto disco, ma
onestamente non mi ha preso più di tanto.
Panopticon — The Rime of Memory (🐐)
Genere: Atmospheric Black/Folk Metal
È tornato il buon Austin Lunn con il progetto Panopticon, personalmente uno dei miei progetti Black statunitensi preferiti. A due anni dal buonissimo …And Again Into the Light, album veramente struggente e non solo perché è stato composto in tempi di pandemia, arriva questo The Rime of Memory, che leggendo le note di Lunn
su Bandcamp è un disco a proposito del cambiamento climatico e
dell’impatto che ha sulla natura, ma anche della vita di ogni essere
umano e del percorso che ci porta dalla nascita alla morte. Mai banale
lui. Così come non è mai banale la sua musica, a questo giro più furiosa
e tipicamente Black del solito, ma che dall’altalenante The Scars of Man eccetera incorpora sempre più strumenti tipici del folk e del country statunitense, come pedal e lap steel. The Rime of Memory
è un disco mediamente lungo, siamo sull’ora e un quarto, con cinque
pezzi (intro a parte) tutti superiori ai 9–10 minuti, ma ne vale
assolutamente la pena: uno dei migliori lavori di Lunn
a livello compositivo, anche e soprattutto per l’utilizzo dei crescendo
a mò di Post-Rock ovviamente adattati al contesto dell’Atmospheric
Black. Senza dubbio il miglior disco uscito a novembre e non mi
sorprenderei vederlo comparire nelle classifiche dei migliori dischi
dell’anno.
Spider God — The Killing Room (🐐)
Genere: Melodic Black Metal
Improvvisamente e dal nulla, nella notte di natale il buon G. tira fuori questo The Killing Room, secondo disco del progetto Spider God, dopo l’eccellente debutto Fly in the Trap dello scorso anno. Stando alle note del suo Bandcamp, questo disco fa parte di un concept in due parti a proposito di Faustus,
un ex membro della band che è scomparso in circostanze misteriose dopo
essersi appassionato ad un gioco online mortale chiamato “Possess the
Devil”: molto originale come idea, a continuazione del concept del
precedente, anch’esso legato al true crime. A livello musicale questo
disco è la conferma del talento di G. e
delle sue ottime intuizioni a livello melodico, e vi dirò, in certe
soluzioni di alcuni riff ci sento pure il lavoro che faceva Valfar nei Windir: tipo in Roku San. Uno degli ultimi colpi di coda di un 2023 davvero dall’alto tasso qualitativo.
Tetragrammacide — Typho-Tantric Aphorisms From The Arachneophidian Qur’an
Genere: Black/Death Metal/Noise
Secondo disco per gli indiani (!!!) Tetragrammacide, uno dei nomi di punta del War Metal negli ultimi anni. Typho-Tantric Aphorisms
è il loro secondo disco, pieno di titoli talmente lunghi che i Nile in
confronto sono dei poeti ermetici…ma anche dei pacifisti, visto quanto
LEGNANO i Tetragrammacide in questo disco
che, a parte un’intro noiseggiante, è una compilation di pagnittuna in
pieno volto. Piccola nota: kudos al batterista italiano Davide Bilia degli Antropofagus, autore di una prestazione dietro le pelli tanto brutale quanto chirurgica
Troll — Trolldom
Genere: Symphonic Black Metal
Dopo ben tredici anni dall’ultimo full Neo-Satanic Supremacy, e tre dall’EP Tilbake Til Trollberg, tornano i Troll di Nagash, uno dei gruppi cardine del Symphonic Black Metal norvegese, formati dallo stesso Nagash quando era appena quattordicenne, capace di sfornare una demo eccezionale come Trollstorm Over Nidingjuv e un buonissimo debut come Drep De Kristne. Sottinteso: molto probabilmente conoscerete Nagash più per i The Covenant di Nexus Polaris…oltre che per gli stessi Kovenant con la K di Animatronic. In ogni caso, veniamo a questo nuovo Trolldom: un buon disco nella media con qualche picco, tipo Angerboda,
che farà la felicità degli amanti del Symphonic Black molto tastieroso.
Credo che alle porte del 2024 ci siano progetti più interessanti nel
genere, ma alla fine fa piacere sentire il ritorno di una band tanto
seminale quanto importante.
Vargrav — The Nighthold
Genere: Symphonic Black Metal
A quattro anni dall’eccellente Reign in Supreme Darkness torna Vargrav…che
fra l’altro ho scoperto giusto in questi giorni che nel gruppo sono
entrati in pianta stabile alle tastiere nientepoppòdimenoche Henri “Trollhorn” Sorvali e alla batteria Marko Tarvonen dei Moonsorrow, oltre al dottor Werwolf dei Satanic Warmaster. Pazzesco, l’all-star del Black Metal finlandese. In ogni caso, se il precedente prendeva a piene mani dagli Emperor di In the Nightside Eclipse (e sta minchia mi viene da dire), questo mi sembra più vicino ai Dimmu Borgir, ma senza la produzione plasticosa demmerda Nuclear Blast, anche se qualche traccia di Emperor-ismo c’è: tipo in Chalice of Silver Blood c’è un riff di chitarra che molto quello di The Majesty of the Nightsky. Nerdate a parte, The Nighthold è un buon disco che non raggiunge i livelli dell’epicissimo precedente, o del primo Netherstorm,
ma che merita un ascolto, soprattutto se siete fan di certo tipo di
Symphonic Black anni ’90. L’unica cosa che avrei evitato sono le due
strumentali messe a caso nel disco: un po’ di minutaggio in meno avrebbe
giovato.
Void — Jadjow (🐐)
Genere: Avant-Garde Black Metal
Quarto disco per i Void, nati da una costola dei Dødheimsgard (vi suona il bassista Lars Emil Måløy, per dire) e si sente tantissimo. Siamo sui territori non solo della band “madre” ma pure sul sound di Ved Buens Ende e Fleurety…tipo tre dei miei gruppi preferiti di sempre, insomma. Però devo dire che ci sento anche un po’ i migliori Hail Spirit Noir, quelli di Oi Magoi, soprattutto nel cantato. In ogni caso, Jadjow
è un gran bel disco, e oserei pure il mio preferito uscito a dicembre:
sarà perché questo tipo di Black Metal pazzo è la mia tazza di tè, ma
comunque lo straconsiglio ai fan dei gruppi citati e a chi ha voglia di
ascoltare robe “unconventional”, dove la forma-canzone è inesistente.
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